Solo le persone che vivono nella comunità ne possono guidare il processo di sviluppo organico. Esse conoscono meglio di chiunque altro i propri bisogni, la funzionalità delle stanze, degli edifici, delle corsie riservate ai pedoni e degli spazi aperti. […]

Gli architetti ed i progettisti, per quanto bene possano progettare, o per quanta cura vi possano mettere nel farlo, non possono, da soli, creare degli ambienti che abbiano la varietà e l’ordine che noi ricerchiamo. Un insieme organico può essere creato soltanto dall’azione di una comunità, in cui ognuno collabora a modellare quelle parti dell’ambiente che meglio conosce.

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Iniziamo col chiederci cosa significa esattamente « partecipazione ». Questo termine può indicare ogni tipo di procedimento attraverso il quale gli utenti possono contribuire a modellare il proprio ambiente. Il tipo più semplice di partecipazione è quello in cui gli utenti contribuiscono a modellare un edificio in qualità di clienti di un architetto. Il tipo più complesso è quello in cui gli utenti costruiscono i loro edifici da soli.

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Cerchiamo di chiarire i motivi per i quali crediamo che questa forma di partecipazione sia cosi importante […]

Esistono essenzialmente due ragioni. Prima, la partecipazione è di per sé positiva; essa mette le persone a confronto, le coinvolge nel proprio ambiente; crea in esse interesse per il mondo che le circonda, poiché questo è il mondo che esse hanno contribuito a creare. In secondo luogo, coloro che abitano tutti i giorni negli edifici conoscono i propri bisogni meglio di qualsiasi altra persona; in tal modo il processo di partecipazione tende a creare ambienti che si adattano alle funzioni dell’uomo molto meglio di quanto non possono fare quelli creati attraverso un processo di pianificazione amministrato centralmente.

Iniziamo con l’analizzare l’idea secondo la quale la partecipazione è di per sé positiva. Quando affermiamo che la gente può essere coinvolta maggiormente nel mondo in cui vive se prende parte alla sua progettazione, dobbiamo tener conto di due aspetti di questo concetto. Da una parte, la gente ha bisogno di poter prendere delle decisioni fattive sull’ambiente. Questo è un bisogno fondamentale dell’uomo. È un’esigenza di creare e di controllare. Tutte le volte che la gente ha l’opportunità di trasformare l’ambiente che la circonda, essa lo fa traendone piacere, ed è molto soddisfatta di ciò che ha fatto.

Particolare del Goddard College, Vermont, progettato e costruito dagli studenti e dal corpo docente

Particolare del Goddard College, Vermont, progettato e costruito dagli studenti e dal corpo docente

D’altra parte, la gente ha bisogno di potersi identificare nella parte dell’ambiente in cui vive e lavora; vuole, in una certa misura, sentire che il territorio le appartiene. Il problema essenziale riguardo ai vari ambienti di una comunità è sempre questo: la gente che usa questi ambienti, li possiede psicologicamente? Sente di poter fare con essi ciò che desidera; sente che l’ambiente le appartiene; è libera di far proprio l’ambiente in cui opera?

Questi due aspetti – controllo creativo e senso di appartenenza – sono, naturalmente, correlati. Non possiamo controllare un ambiente se in una certa misura non ci appartiene. E non possiamo sentire che un ambiente ci appartiene se, in una certa misura, non possiamo controllarlo. […] La ragione principale per incoraggiare la partecipazione, allora, è che essa consente alla gente di venire coinvolta nella propria comunità, assicurando un certo grado di appartenenza, ed un certo grado di controllo.

Analizziamo ora il secondo elemento della partecipazione: il fatto che coloro che abitano negli edifici conoscono i propri bisogni meglio di qualsiasi altra persona; in realtà è praticamene impossibile costruire una struttura che si adatti bene ai bisogni dei suoi utenti se non sono essi stessi a progettarla.

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In una certa misura questa difficoltà {l’incapacità degli utenti di comunicare le proprie esigenze agli architetti, NdR} può essere superata facendo uso dei patterns illustrati nel libro A Pattern Language. I patterns definiscono le caratteristiche che un edificio deve possedere per poter venire incontro alle esigenze dell’uomo. Tuttavia esistono innumerevoli esigenze e bisogni particolari che tali patterns non prendono in considerazione. Quando un individuo progetta un ufficio per sé, tiene conto di questi bisogni supplementari e particolari come se fossero cose ovvie, dal momento che può sperimentarli. Ma se li deve spiegare ad un architetto, verranno soddisfatti solo quei bisogni che egli è stato in grado di spiegare a parole.

È chiaro allora che la partecipazione presenta notevoli vantaggi. Esistono però […] importanti obiezioni al concetto di partecipazione. […] {una di queste ad esempio è, NdR} « La partecipazione creerà il caos, poiché la gente mentre progetta e disegna non si rende conto di ciò che sta facendo ». […]

Prendiamo in considerazione […] l’obiezione secondo la quale i progetti eseguiti dagli utenti creerebbero il caos. La storia recente dell’architettura e della pianificazione ha creato la falsa impressione che architetti ed urbanisti siano le sole persone che sanno come devono essere progettati gli edifici. La testimonianza degli ultimi due o tremila anni di storia ci indica il contrario. Quasi tutti gli ambienti sono stati progettati, nel corso della storia, da gente comune. Molti dei meravigliosi luoghi sparsi nel mondo, che oggi gli architetti fotografano con avidità, non furono progettati da architetti ma da gente comune.

Tuttavia, naturalmente, per creare un ordine e non il caos, la gente deve seguire alcuni princìpi comuni. Non esiste niente di peggio di un  ambiente in cui ogni metro quadro sia stato progettato seguendo principi completamente diversi. Questo si che sarebbe un vero caos. Nella nostra proposta, questo problema viene risolto seguendo i « patterns » che sono descritti nel quarto capitolo. Questi patterns offrono agli utenti una solida base per le decisioni che riguardano la progettazione. Ogni persona o gruppo di persone sarà in grado di progettare elementi singoli, ma sempre in conformità con la struttura morfologica creata dal pattern. In breve, il pattern, […] gioca il ruolo che la tradizione giocava nella cultura tradizionale. Seguendo la struttura creata dai patterns, siamo sicuri che il processo di partecipazione  darà vita ad un ordine ricco e vario.

[…]

Per dirla in una parola, nel mercato edilizio, le case private non costruite in serie valgono sempre di più delle case prodotte in serie. Quando acquistate una casa del genere, essa vi si adatta meglio non perché siete stata voi la persona che l’ha creata, ma semplicemente perché una persona specifica l’ha creata. Questo semplice fatto è di per sé sufficiente a garantire che gli spazi nella casa sono più autentici, meglio utilizzabili, e più strettamente in armonia con le reali condizioni di vita, di qualsiasi altra casa creata impersonalmente da un progettista per il mercato di massa.

[…] Nella misura in cui gli spazi vengono creati e modificati dalla gente che ci vive dentro, l’Università a poco a poco prende forma sulla base dell’esperienza umana reale accumulata e, in tal modo, sarà un luogo adatto per altre, più nuove, esperienze umane, un luogo molto più adatto di quanto non possa mai esserlo un qualsiasi ambiente impersonale e rigido.

È chiaro, per tutti questi motivi, che la partecipazione è auspicabile. Ma è realizzabile nella realtà? Il tipo di partecipazione che noi auspichiamo può essere raggiunto stanti le attuali condizioni sociali? Un progetto concepito da gente comune rispetta le esigenze di vita e di ordine che i buoni architetti rispettano nel progettare i loro edifici?

[…]

Quali provvedimenti devono essere presi in una comunità […] dove ci sono un gran numero di utenti che, ai termini di legge, non sono i proprietari degli (spazi), per permettere a questi utenti di “passaggio” di avere una parte attiva nel processo di progettazione degli edifici? I provvedimenti che è necessario prendere sono indicati dal nostro […] principio:

Il principio della partecipazione: tutte le decisioni riguardo a cosa costruire e come costruire, saranno affidate agli utenti. A questo scopo verrà istituita una squadra di progettazione formata di utenti per la progettazione di ogni edificio che si vuole costruire; ogni gruppo di utenti può ideare un progetto, e solo i progetti ideati dagli utenti saranno presi in considerazione per il finanziamento; lo staff di pianificazione offrirà ai membri della squadra di progettazione tutti i pattern, le diagnosi e gli aiuti supplementari che occorreranno loro per i progetti; il tempo che gli utenti impiegheranno per realizzare un progetto, sarà considerato parte legittima ed essenziale della loro attività; la squadra di progettazione completerà i suoi progetti schematici prima che gli architetti o i costruttori inizino ad avere un’importanza maggiore.

Tale principio viene precisato meglio dai seguenti particolari.

  1. Verrà istituita una squadra di progettazione formata di utenti per la progettazione di ogni edificio {o spazio urbano, NdR} che si vuole costruire.
    […]
  2. Ogni gruppo di utenti può ideare un progetto, e solo i progetti ideati dagli utenti saranno presi in considerazione per il finanziamento.
    […]
  3. Lo staff di pianificazione offrirà ai membri della squadra di progettazione tutti i patterns, le diagnosi e gli aiuti supplementari che occorreranno loro per i progetti.
    […]
  4. Il tempo che gli utenti impiegheranno per realizzare un progetto, sarà considerato parte legittima ed essenziale della loro attività.
    […]
  5. La squadra di progettazione completerà i suoi progetti schematici prima che gli architetti o i costruttori inizino ad avere un’importanza maggiore.
    […]

Il processo illustrato consente alla squadra di utenti di sviluppare progetti schematici per conto proprio. […] abbiamo mostrato come un gruppo di utenti abbia la capacità di eseguire tali progetti, se  il processo di progettazione li incoraggia a farli. Questo principio secondario sottolinea questo aspetto: non solo i gruppi di utenti hanno la capacità di sviluppare progetti  schematici per i loro ambienti, ma è anche essenziale che noi impariamo a far uso di questa capacità fino in fondo. Se avessimo chiesto semplicemente agli utenti di stabilire i loro bisogni, o di fare schemi campati in aria, e poi avessimo passato queste informazioni ad un architetto o ad un urbanista […], avremmo perso di vista l’essenza stessa della partecipazione il fatto cioè che gli utenti sono in grado di fornire ad un progetto un’essenza che normalmente sfugge al professionista.

Tuttavia sappiamo che, anche se il linguaggio dei patterns dà agli utenti la capacità di assumersi in prima persona la direzione del progetto, essi hanno bisogno nondimeno di un qualche tipo di direzione e di incoraggiamento. Ma in che modo saranno diretti ?

[…]

Una volta che il progetto schematico sia stato sottoposto per il finanziamento, e sia stato approvato a questo punto si  renderà per forza necessario assumere un architetto che sia in grado di preparare una serie di disegni per la costruzione. Per assicurare che l’architetto interpreti correttamente i disegni schematici, è essenziale che anche in questa fase gli utenti, che hanno eseguito il progetto, abbiano il potere di assumere l’architetto, e che egli sia disposto ad accettare il progetto che loro hanno fatto.

[…]

* * *

Una nota. […] Il tipo di partecipazione che noi auspichiamo non potrà funzionare se i progetti delle singole costruzioni saranno troppo grandi. Le persone possono essere coinvolte nell’esecuzione di piccoli progetti – un’aula, degli spazi aperti, un piccolo edificio, lo spazio tra due edifici. Ma non possono essere coinvolti nell’esecuzione di grandi progetti – grattacieli, complessi di edifici, progetti di nuovo sviluppo.

[…] Nella misura in cui un progetto diventa più grande, anche la rappresentanza degli utenti diventa sempre meno rispondente e l’edificio stesso tende ad essere impersonale.

[…] Quando si passa ad un progetto gigantesco, {gli utenti, NdR} non possono sentirsi personalmente compartecipi: in tal modo ne discutono in termini estremamente astratti e prendono decisioni avventate. In breve, anche ai più alti livelli decisionali le persone si sentono estranee alla progettazione d’imprese immense. Sono i piccoli progetti locali che stimolano la loro immaginazione e le loro emozioni, e li rendono compartecipi […]

Vediamo allora che la partecipazione dipende dalle dimensioni dei progetti edilizi. Se i progetti sono troppo vasti, la partecipazione viene compromessa. Avremmo potuto metter una clausola sulle dimensioni dei progetti nel principio della partecipazione. Tuttavia esistono tante altre ed importanti ragioni del perché i progetti edilizi debbano essere di piccole dimensioni, che abbiamo preferito dedicare a questo argomento un intero capitolo, […] il principio della crescita per parti assicura che i progetti edilizi siano sufficientemente piccoli da consentire agli utenti di prendere parte alla progettazione.

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estratto da: “The Oregon Experiment”, di Christopher Alexander and collaborators Murray Silverstein, Shlomo Angel, Sara Ishikawa, and Denny Abrams – Oxford University  Press, New York 1975
(trad. it.: “Un esperimento di progettazione democratica. L’università dell’Oregon”, Officina edizioni, Roma 1977)