Un “Pattern” è (un po’) come un diamante

Un intervista* a Jenny Quillien racconta la nascita della ricerca portata avanti dal gruppo di lavoro di Christopher Alexander che ha condotto alla pubblicazione di uno dei saggi di architettura più venduto di tutti i tempi, “A Pattern Language” e le motivazioni per le quali dopo trent’anni hanno portato l’autore a ridiscutere le sue stesse teorie integrandole con la pubblicazione di una serie di 4 saggi chiamata “The Nature Of Order”. (altro…)

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Anziani e comunità

« Fortunato quel bambino che arriva in questo mondo con dei buoni geni, dei genitori amorevoli e persino dei nonni che prontamente si rivolgono a lui con entusiasmo e con gioia. (…) la nostra società non sa veramente come integrare gli anziani nei suoi principali modelli e convenzioni o all’interno del suo funzionamento vitale. Piuttosto che essere inclusi, gli anziani non vengono più visti come fonti di saggezza, ma come simbolo di vergogna.

[…]

Nel nostro paese le cose vecchie ed inutili, come sappiamo, vengono buttate via. Abbiamo però introdotto il concetto di “riciclaggio”, che estende l’utilità delle cose vecchie e contribuisce ad evitare di sovraccaricare la terra di enormi depositi di detriti. Sicuramente non buttiamo nella spazzatura i nostri parenti anziani, ma non facciamo nemmeno abbastanza per promuovere il loro “riciclaggio”. E perché non assicurare loro migliori occhiali da vista, migliori apparecchi acustici oltre che giornali, riviste e libri con caratteri di stampa più grandi? Tutti i medici si raccomandano di fare esercizio fisico, di camminare, per mantenere la salute e la mobilità. Ma poche città o paesi si preoccupano di mantenere marciapiedi e strade sicure dove gli anziani possano muoversi lentamente e con attenzione. Avete mai visto una città dotata di panchine sulle quali l’anziano che va a fare la spesa possa riposarsi un momento dalla fatica di trasportare buste piene e pesanti?

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Gioie dell’architettura

“ Il fine di tutta l'architettura, lo scopo della sua organizzazione geometrico-spaziale, è quella di fornire opportunità a situazioni capaci di favorire la vita.

La questione centrale dell’architettura, il suo scopo principale, è quello di creare quelle configurazioni e quelle situazioni sociali, che forniscono supporto e sostegno ad un comfort vivificante e ad una profonda soddisfazione - a volte entusiasmo - in modo che uno sperimenti la vita come degna di esser vissuta.

Quando questo scopo viene dimenticato o abbandonato, non esiste di fatto, nessuna architettura di cui parlare. ”

— C. Alexander, H. Neis, M. Alexander. “Battle for the Life and Beauty of the Earth.” - Oxford University Press. N.Y. November 2012, p. 2

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NEXT 21 – 1992, un esperimento abitativo a Osaka.

Con l’obiettivo di creare un ambiente di vita urbana sociale, energeticamente efficente, ecologico e flessibile, idoneo alle sfide del 21° secolo e alle sue esigenze, nel 1989 (completato nel 1993) la Osaka Gas commissionò il complesso residenziale sperimentale NEXT 21, nell’ambito della ricerca ‘What will housing be in the city of the 21st century’ (Cosa sarà l’abitare nelle città del ventunesimo secolo).

A quindici anni dalla sua costruzione e dopo tre cicli consecutivi di cinque anni di continua sperimentazione abitativa, il documentario NEXT 21 – un esperimento guarda indietro nel contesto e alle condizioni del processo di progettazione multidisciplinare, visionaria e pionieristica tramite le interviste, commentante dalla voce dell’architetto olandese John Habraken, con gli architetti, gli ingegneri e gli abitanti

 

fonti:

http://it.urbarama.com/project/osaka-gas-experimental-house
http://www.open-building.org/ob/next21.html

http://www.archilibra.com/thesis/case_studies/next21/next21.htm
http://www.afewthoughts.co.uk/flexiblehousing/house.php?house=93
http://www.fedoa.unina.it/4028/1/caroniti.pdf

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Completezza

Nessun uomo è un’isola,
intero in se stesso;
ogni uomo è un pezzo del continente,
una parte del tutto.
Se anche solo una zolla venisse lavata via dal mare,
l’Europa ne sarebbe diminuita,
come se le mancasse un promontorio,
come se venisse a mancare una dimora amica
o la tua stessa casa.
La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce,
perché io sono parte dell’umanità.
E dunque non chiedere mai per chi suona la campana:
Essa suona per te.

No man is an island, entire of itself; every man is a piece of the continent, a part of the main. If a clod be washed away by the sea, Europe is the less, as well as if a promontory were, as well as if a manor of thy friend’s or of thine own were: any man’s death diminishes me, because I am involved in mankind, and therefore never send to know for whom the bell tolls; it tolls for thee.”

di John Donne, poeta inglese del XVIII secolo, citata da Ernest Hemingway in premessa al suo romanzo “Per chi suona la campana”

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Vivi, progetta, cura, ama.

vì-ta

dal latino: vita, da un arcaico vivita; parallelo al greco bios e al sanscrito givathas.

Si dice che la vita sia l’unica bolla di resistenza contro il caos, l’unico sistema capace di mantenere costante il livello di entropia al proprio interno.

È probabile che la parola nasca da un’astrazione di [vivus] vivo, una qualità di un corpo intuitiva, semplice, immediata. Una qualità che accomuna un’intera classe dell’essere, che abbraccia un ciclo armonico – dal vegetale all’animale al vegetale.

Ai sensi significa crescita, volontà di presenza, capacità di eternarsi nell’avvicendarsi delle generazioni; al pensiero riesce una forza inarrestabile che muta e mai non finisce, sempre arroccata sulla roccia, sul deserto ma non per questo meno verde, sempre sferzata da onde, da burrasche ma non per questo meno gioiosa.

Si dice che la vita finisca con la morte, ma la legge della vita e della morte è una sola, e lo stesso respiro che ci spalanca i bronchi in un vagito raccoglie l’ultimo sospiro che li abbandona – e questo, al di là di ogni dolore e di ogni felicità, resta il serafico, ineffabile mistero di quel tutto respirante che spesso scordiamo e a cui in ogni forma è dovuta meraviglia e rispetto, comprensione e comunione commossa – nel silenzio tenerissimo della gemma dischiusa e nel dolciastro della putrefazione o del fumo pesante delle pire.

pro-gèt-to

dal latino: pro avanti jacere gettare. Ciò che viene gettato davanti.

Il progetto è l’anima della vita. E’ la concretizzazione di quell’esser-ci che è sempre proiettato avanti rispetto a sé. Il progetto è la cura che si ha di sé, delle altre persone, del proprio mondo. L’amore più reale. Non è solo un grosso foglio di carta sporcato con disegni squadrati, né una fantasticheria tagliata come un piano d’azione.

cù-ra

dal latino: cura derivato dalla radice ku-/kav- osservare. Da confrontare con il sanscrito kavi saggio.

La cura è responsabilità. La responsabilità che segue l’osservazione. Che sia una terapia medica, una preoccupazione, o un accudire il progetto di una vita altrui, la cura è responsabilità.

In effetti sembra che sia il lato attivo, il paradigma dell’amore stesso – di un amore non fatuo, non impalpabile, ma concreto. Un amore che come diceva Gaber diventa “materia, terra, cosa”.

a-mó-re

dal latino: amare. Un’etimologia falsa ma estremamente poetica vuole che derivi dal latino a-mors, senza morte.

Parola arcinota, pronunciata tanto spesso come capita a poche. L’etimologia mette in luce l’archetipicità di questo sentimento: “amore” non deriva da altre, non è composta: la sua radice significa se stessa. Quasi non pare artificiale.

Altro paio di maniche è scegliere i sensi, i significati e il respiro che si vuole dare a questa parola – a questo sentimento. Naturalmente ha un’ottica soggettiva, e il tema sarebbe complicatissimo. Ma su una cosa si può concordare: tanto più ampio e consapevole e tanto più profondo e coltivato è il significato che le diamo, tanto è meglio per la nostra intera vita.

Prevért scriveva: “La vita è una ciliegia/ la morte il nòcciolo/ l’amore il ciliegio”.

 

 

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